L’identità e l’abitare

Spazio immaginario, spazio fisico e mentale, costruzione dell’identità, sentirsi esseri fragili o fuori luogo mi ha naturalmente portato ad interessarmi alla casa, al significato archetipale, poetico, simbolico e identitario di questa potente metafora di noi stessi.
Questa attenzione allo spazio, fisico e mentale, la lego a vari fattori.
Non escudo il personale dal quale è partita questa sensibilità.
Quando venni al mondo ci fu una delusione famigliare a vedere che ero una femmina.
In quell’epoca era così.
Da qui una riflessione sempre attuale e necessaria sul senso del nostro abitare, sulle difficoltà di farlo, sulla progettualità necessaria che racchiuda tutti i sogni possibili, sul delicato ruolo del progettista che deve traghettare dalla fantasia alla realtà, si è aperta una riflessione dal 2007, che coinvolge professionisti del mondo della casa, attraverso conferenze, seminari e collaborazione nella progettualità e nella costruzione.
Poiché la costruzione della casa, nello studio del terreno e nella cura nel mettere una giusta quantità e qualità di cemento nelle sue fondamenta per renderla solida ha un’assonanza con la costruzione della nostra identità, che si poggia su un terreno famigliare e beneficia del cemento affettivo dei primi anni di vita, l’interesse attuale mi spinge a studiare le connessione tra identità e casa, tra necessità primarie e architetture riparative.
Nulla è più identitario, in fondo di una casa, e a seconda di come la scegliamo, o come l’ abitiamo, potremo capire la parte più intima di noi stessi. Questo il cuore della psicologia dell’abitare.